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martedì 29 giugno 2010

Phoenike - Fenici nel Mediterraneo


Le città occidentali levantine
Il primo centro occidentale importante per l’articolazione dei commerci è Cadice, una città sorta su un isoletta oltre lo Stretto di Gibilterra. I Levantini vollero fortemente un centro nell’Atlantico perché per la navigazione antica passare attraverso lo Stretto di Gibilterra era difficile a causa delle correnti fortissime di Mediterraneo e Atlantico che si incontrano. Le fonti raccontano che Cadice fu fondata solo al terzo tentativo perché i primi due si rivelarono proibitivi. La prima volta i fenici si fermarono ad Almuñecar (Sexi), fecero delle offerte sacrificali a Melqart ma gli dei non si mostrarono favorevoli. La seconda volta superarono Gibilterra e si fermarono a Huelva, fecero i sacrifici ma anche questa volta gli dei non furono favorevoli. Solo al terzo tentativo Melqart diede segnali positivi.
Cadice (Gadiz) si trova davanti ad un grande entroterra racchiuso da due fiumi, Guadalquivir e Guadalete, che all’epoca era in mano alla popolazione indigena dei Tartessi. La zona è montagnosa e impervia ma presenta giacimenti ricchissimi di argento e altri metalli. I Tiri non possono prendere minerali, pelli, sale e schiavi con la forza e organizzano un commercio con i capi di quei territori. I rapporti commerciali prevedono che la materia prima sia estratta dagli indigeni e lavorata grossolanamente, così da alleggerirla dalle impurità per renderla più agevole da trasportare in nave verso oriente. In cambio offrono prodotti di lusso, manufatti non conosciuti dalle popolazioni locali, olio, vino, profumi, unguenti e le anfore che li contengono, ecco perché nei siti occidentali troviamo molti vasi.
Tutto ciò determina il fenomeno denominato “orientalizzante” che indica l’incontro tra le popolazioni locali e i levantini. Gli autoctoni assunsero consuetudini e lussi tipici della cultura orientale e da molte necropoli tartessiche (sempre che i locali fossero i mitici abitanti di Tartesso) arrivano una serie di gioielli, bronzetti e avori straordinari che erano in mano alle elìte indigene. Nonostante sia gerarchizzata e detenga il controllo delle risorse, quindi, la popolazione indigena accetta l’integrazione dei nuovi arrivati assumendo oggetti e comportamenti orientali. Lo sfruttamento dell’argento avveniva nelle aree interne, i centri tartessici più importanti sono: il Castillo de Doňa Blanca, Huelva, Carmona, Tejada la Vieja, Sèrro Salomòn e tanti altri.
Il Castello de Doňa Blanca è un insediamento costiero indigeno posto di fronte a Cadice e diventa il porto di Cadice sulla terraferma. All’inizio il centro indigeno subisce una fortissima acculturazione mediterranea e, a differenza di Cadice, non ha un insediamento moderno pertanto gli scavi sono più semplici. Possiede un sistema di fortificazioni poderose e presenta una precocissima presenza levantina, infatti le più antiche attestazioni archeologiche (670 a.C.) non sono a Cadice ma proprio in questo centro, anche se a Huelva sono stati scavati cocci della civiltà mediterranea orientale che risalgono forse al IX a.C.
Nell’VIII a.C. si ha l’avvio, da parte di Cadice, di scambi pacifici con l’area Tartessica lungo il fiume Guadalquivir. I commerci proseguono poi più a nord, verso le isole Cassiteridi in Bretagna e Cornovaglia. Anche il Portogallo era in mano indigena e l’irradiazione si manifesta con commerci e scambi. I levantini in Portogallo nel VII a.C. fondano un piccolo centro nell’istmo del rio Sado, Abul, ma altri piccoli insediamenti costieri, funzionali ai rapporti con gli indigeni, sono stati scavati recentemente e dimostrano il grande interesse dei mediterranei per queste terre. I levantini non avevano né la forza, né l’intenzione di entrare in conflitto con i locali e sfruttano quindi la conoscenza dei territori da parte degli indigeni per sfruttare, con scambi a loro favore, le risorse locali. Più tardi iniziano le fortificazioni costiere perché Cartagine militarizza le colonie. Nel corso del VII a.C. Cadice si spinge a sud, nell’area Marocchina, per lo sfruttamento della pesca.
Anche Huelva è un centro indigeno costiero. Ci sono attività industriali con forni e strutture metallurgiche. A Tejada la Vieja c’è un poderoso muro di fortificazione nonostante anche questo centro precedentemente fosse indigeno.
Nell'immagine: Il castello di Dona Blanca

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