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mercoledì 14 luglio 2010

Phoenike - Fenici in Sardegna - Nora


Nora
Dal 1990 le ricerche hanno evidenziato una ricostruzione storica che ha rivoluzionato le concezioni precedenti. Nora si trova a sud-ovest di Cagliari, nel territorio di Pula. Si tratta di una tipica sistemazione costiera su un promontorio, come piaceva ai levantini. Fino agli anni Novanta non avevamo notizie della città arcaica. Nel 1793 fu rinvenuta la “grande norense”, una stele monumentale con iscrizione ancora al vaglio degli studiosi. A questo manufatto abbiamo dedicato un apposito paragrafo per aiutare chi volesse cimentarsi con l’interpretazione. L’iscrizione è dell’inizio del IX a.C. ed è importante perché dimostra una frequentazione della città fin da questo periodo. Potrebbe riferirsi ad un luogo di culto o alla fondazione della città. I materiali della Nora più antica si limitano a 4 cocci del VII a.C. rinvenuti da Pesce nel quartiere sud-occidentale della città, al di sotto delle strutture di età romana che si trovano al livello del piano delle strade attuali della città.
L’Università di Padova ha indagato il Foro Romano e fino ad allora si pensava, accogliendo l’ipotesi di Barreca, che i romani costruirono a Nora mantenendo la destinazione funzionale d’uso precedente, impostando il foro sull’area del mercato, l’abitato sulle case precedenti, i templi nell’area dei vecchi templi, e così via. In pratica si ipotizzava che i romani costruirono sulla città punica che, a sua volta, era costruita su quella mediterranea. Gli scavi hanno invece evidenziato che non c’è stata una continuità d’uso: il foro dei romani fu costruito nel I a.C. in un’area libera.
Sotto le strutture del foro gli scavi hanno individuato una frequentazione precedente al primo impianto delle strutture che avvenne nel VII a.C. In questa prima fase l’area fu sistemata, spianata e infine ampliata con l’aggiunta di terra e ciottoli. Poi fu impiantata una struttura muraria in grossi ciottoli legati con argilla. Fu realizzato anche un battuto in terra con inserzioni di blocchetti lapidei che delimitavano due focolari e un pozzo in parte scavato nella roccia, in parte costruito. Sopra queste strutture, una volta obliterate, vennero costruiti due edifici e una cisterna a bagnarola lunga 5 m. Nel I a.C. tutta l’area venne riempita e fu costruito il foro.
La città romana dunque non riprende le strutture più antiche, ma viene impiantata con un progetto nuovo. Lungo la strada verso il mare, vicino al teatro, sotto il livello degli edifici romani vi sono tracce preesistenti di strutture nelle quali sono stati scavati da Pesce materiali mediterranei, non pubblicati. Sul livello romano ci sono decine di cisterne costruite con tecnica punica. Essendo uguali per vari secoli non si riesce a datarle con precisione, possono essere perfino bizantine perché anche questi ultimi le costruivano con la stessa tecnica.
Gli ultimi scavi sono andati sotto le strutture romane e hanno rivelato che la città mediterranea e poi punica è compresa in un triangolo fra il tempio di Eshmun, l’alto luogo di Tanìt ed un altro tempio trovato nell’area denominata F. In età romana il baricentro si è spostato verso ovest. Sotto la zona delle terme non c’è niente ma bisogna considerare che il livello del mare si è alzato di oltre due metri negli ultimi 3500 anni e varie strutture si trovano sommerse.
L’alto luogo di Tanìt venne individuato da Patroni agli inizi del Novecento e conserva un basamento quadrato di 10 m di lato, con vani ciechi che in corso di scavo sono stati svuotati senza risultato. Probabilmente si tratta di fondamenta per la struttura che era poggiata sopra. Il Patroni individuò una pietra piramidale che identificò con un betilo dedicato a Tanìt. La struttura è certamente sacra perché negli anni Novanta nella stessa area, un poco più a sud, vicino alla strada romana sono stati individuati dei grandi conci sagomati a gola egizia e, recentemente, dei materiali votivi in terracotta anche se fuori contesto.
Fra i ritrovamenti più importanti c’è un capitello con testa umana fra volute, ritrovato da Patroni nel 1902, e una grande gola egizia con gocciolatoio a testa di leone, che si trova ancora sul posto.
Il tempio di Eshmun-Esculapio, si trova sulla “Punta de su Coloru” (Punta del serpente), scavato negli anni Cinquanta da Pesce. Si tratta di un tempio romano perché nel piano di posa del pavimento della struttura è stata individuata una moneta Costantiniana del IV d.C. ma si ipotizza che l’impianto sia di età punica. É posto su due livelli, con un’ampia corte centrale mosaicata, ingresso con scalinata e vestibolo che conduce ad un ampia sala che da accesso ad un abside bipartito, diviso da un muretto. Nell’area è stata ritrovata una favissa che conteneva due statue alte circa 80 cm, i cosiddetti incubanti, dormienti avvolti nelle spire del serpente guaritore. Le statue sono riferite ad età repubblicana e attestano la preesistenza di un edificio di età romana e la destinazione del tempio come dedicato ad una divinità salutifera, da cui l’ipotesi di assegnazione ad Esculapio. L’incubante è un fedele, o un malato, che svolge il rito dell’incubazione: dorme all’interno del tempio per permettere alla divinità di scendere e guarirlo.
La fase precedente a quella repubblicana è attestata da una trabeazione monolitica di una piccola edicola punica identificata da Pesce dietro l’abside del tempio. Il basamento è ancora in loco e presenta la tipica sgusciatura a gola egizia con sopra il caratteristico fregio ad urei discofori. Quindi un piccolo sacello che costituiva il fulcro dell’area santuariale con al centro il simulacro della divinità, che purtroppo non si è conservato. Un altro elemento di età punica è costituito da una serie di grandi blocchi in arenaria che costituiscono le fondamenta del tempio romano. Si trovano sul lato a mare e arrivano fino a sette filari sovrapposti. Altri blocchi di questo tipo sono stati riconosciuti al centro della struttura. La nuova lettura proposta descrive quindi un tempio precedente costituito da una grande corte con al centro un’edicola col simulacro. Alcuni tagli nella roccia che si affaccia a mare hanno fatto ipotizzare un secondo ingresso direttamente a mare, a dimostrazione che i naviganti erano tenuti in grande considerazione. Anche un importante tempio (Tas-silg) a Malta presenta la stessa caratteristica.
Il tempio dell’area F è stato individuato da Barreca nel 1958 ma fu scambiato per una torre di fortificazione, mentre la lettura cultuale, santuariale, è degli anni Novanta. È una struttura mal conservata, riferita al VI a.C. costituita da una rampa che conduce ad una terrazza sopraelevata. C’è una cella mediana con in opera dei grandi blocchi squadrati riferiti ad un edificio precedente. Al centro si trova un altare, sede delle pratiche cultuali. Il ritrovamento di tessere mosaicali ha fatto ipotizzare che il pavimento fosse ricoperto da mosaici. Dalla struttura non provengono materiali ceramici e non sappiamo quale culto fosse praticato, è stata fatta solo un’analisi tipologica: l’unico edificio che somiglia a questo di Nora è quello delle terrazze cultuali bibliche che si trovano in ambiente israelitico e non in Libano.
La necropoli si trova in area militare e quindi, essendo l’accesso interdetto, non abbiamo indicazioni se non per uno scavo fatto a fine Ottocento. Si praticavano delle trincee e quando si finiva lo scavo si ributtava la terra negli scavi. Sono dunque state risparmiate vaste zone non scavate e in futuro si potrà forse indagare la zona.
Non sappiamo dove fosse ubicata la necropoli mediterranea. L’unico ritrovamento fu scambiato per una tomba romana. Si tratta di una cista litica a lastre giustapposte con dentro un’olla e un corredo funerario con brocca e unguentario. La maggior parte delle tombe puniche di Nora sono a pozzo non profondo con una nicchia che si allarga sul fondo per ospitare il defunto. Risulta documentata anche una tomba a camera in fondo ad un pozzo verticale. Sopra l’ingresso c’era un simbolo astrale, una falce lunare con disco solare. In un’altra area si trovano delle inumazioni infantili con tombe ad enchitrismos.
Il tophet fu la prima area mediterranea ad essere individuata a Nora. A causa di una mareggiata nel 1889 si scoprì il santuario, e si iniziò uno scavo a trincee in un’area attualmente privata. Fu il primo tophet scoperto nel Mediterraneo ma si interpretò come necropoli ad incinerazione. Solo quando fu individuato il tophet di Cartagine, nel 1921, fu riletto il ritrovamento e si capì che si trattava di un tophet. Al momento della scoperta restituì 220 urne e 157 stele in arenaria, datate fra VI e IV a.C., delle quali solo 83 furono portate ai musei di Cagliari e Nora. Le altre furono sotterrate vicino alla chiesa ma sono state trafugate e in parte utilizzate per costruire la sacrestia della chiesa stessa. Questa scoperta è stata fatta negli anni Ottanta, in occasione di un restauro. Le urne, pur essendo state ritrovate a gruppi vicino alle stele, non si è riusciti a ricollegarle alle stele stesse nonostante il terreno vergine e il numero pressoché uguale. Generalmente la proporzione è molto a svantaggio per le stele, come ad esempio a Tharros dove per 5000 urne sono state rinvenute solo 300 stele. A Nora sono attestati prevalentemente simboli aniconici (betili e idoli a bottiglia).

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