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martedì 14 settembre 2010

Le iscrizioni nei bassorilievi dell'Antico Egitto 1° parte


I documenti eterni di Tebe 1° parte di 2
Tebe è tra le ultime capitali dei grandi regni antichi (datati ante il secolo XIII a.C.), è nata a sud a causa delle vicissitudini sofferte dalle capitali che l'hanno preceduta, che scontano la loro presenza nel nord del paese, pressato progressivamente da tre tormentati fronti (occidentale libico, orientale ittita, settentrionale dei popoli del Mediterraneo). Non ha caso Tebe viene anche appellata Pilastro meridionale o Iunu Scemayit, in contrapposizione alla più antica e potente ma saccheggiata Eliopoli, cioè il Pilastro settentrionale o Iunu meht.
Il tempio di Karnak viene così descritto da Schuré: "Il tempio di Ammone Re è un inno di pietra allo Spirito unico ed assoluto, sovrano, del Dio degli dei (L. II, cap. V)". Il tempio colpisce per la magnifica e poderosa serie di 140 colonne che circondano le altre dodici della navata centrale, tutte diligentemente utilizzate per tramandare testi di varia natura. Ad esso, ed al suo sacerdote di Ammon, il re Sole e dio dei pianeti, Ramsete III quando è in vita concede dei territori con le relative rendite, rendendo quei religiosi ancor più potenti che in passato.
Il tempio di Karnak si trova sulla sponda orientale del Nilo, nel punto in cui questi si è creato un secondo breve corso, ed è a poche migliaia di metri da quello di Medinet Habu. Di fronte ha due edifici sacri, il maggiore d'essi è noto come il Grande Tempio di Luxor.
Nel sito detto di Medinet Abu, sulla sponda occidentale del Nilo, trova luogo sia il cosiddetto Palazzo Reale e sia il Tempio di Ramsete III. Il primo, affiancato al lato sud del secondo, è riemerso alla vista grazie agli scavi iniziati a metà degli Anni Venti dall'Istituto Orientale dell'università di Chicago, e condotti da Uvo Hoelscher, John Wilson e Harold Nelson. Esso dista circa un chilometro dall'acqua, ed è circondato da una pianura quadrettata di coltivazioni, mentre ad ovest, cioè alle spalle dell'edificio, iniziano quei brulli rilievi collinari che offrono ripari alla necropoli della Valle dei Re e della Valle delle Regine.
Il tempio è ricchissimo in ogni angolo delle sue mura, e delle colonne di incisioni e rilievi, che mostrano ideogrammi e figure narranti varie gesta, episodi storici e frasi rituali religiose: una pietra parietale mostra ad esempio quattro squadroni di soldati in marcia durante una parata, la prima fila d'uomini è costituito da egiziani, seguiti da tre altre file di mercenari stranieri: Sardi e Filistei, Beduini della Valle del Sinai, Nubiani dal sud dell'impero. I mercenari conoscendo da vicino l'evolversi della realtà sociale politica e religiosa egizia, sapranno al momento opportuno tradire il paese che a lungo ha dato loro mercede.
La Nubia appare un alleato forzato, per i dati che si hanno circa le continue incursioni dei re egizi nel ricco regno del sud, che subisce come accade agli sconfitti anche il fascino dell'arte egiziana nella edificazione di templi e piramidi che nel progetto edilizio molto hanno in comune con quelli costruiti dai potenti vicini del nord. All'epoca del lavoro eseguito su quella parete del tempio costoro sono schierati in campo contro le armate di Libi.
In un'altra parete i medesimi Filistei sono raffigurati con le mani ed i polsi uniti e serrati vicino al proprio collo da un fermo, ligneo o metallico, a forma di pesce (ad indicare che costoro sono stati catturati durante una battaglia navale, sulle acque del Nilo). Il soldato egiziano è raffigurato con abilità mentre trascina il primo dei prigionieri afferrandolo per la coda delle manette a "pesce", cui si associa il prigioniero che volle attaccare il regno del faraone utilizzando, come pesce, le acque del fiume. Altri prigionieri, dei fanti, sono infatti altrove immortalati e beffeggiati con incisioni che li mostrano immobilizzati, braccia al collo, da ferma polsi a forma di leone, animale cui gli Egizi capitava di dare volentieri e per gioco la caccia.
Una diversa scena di guerra che mostra degli arcieri egiziani all'opera rivela l'interesse dell'esecutore dell'incisione per la caratteristica somatica di alcuni prigionieri; essi sono legati e seduti a terra dietro la fila di arcieri, hanno un elmo che pare mostrare un adornamento di due corni e delle guance solcate da forti tratti di scalpello, scavate più che rugose, come di soldati anziani o di una razza ben distinta. Quali nemici sono costoro? Potrebbero anche essere i Siculi come sostiene Pierre Grandet: "trois des bateaux sont montés par des Peleset, reconnaissables à leur casque à aigrette, tandis que les deux autres le sont sans doute par des Sikala, coiffés d'un casque à cornes et à jugulaire, couvrant largement la nuque; tous sont équipés d'armement mycénien" (pag.197). Militi che abitualmente ed a lungo nei secoli si distinguono per l'uso dell'elmo bicorno. Non si può dire molto altro, ma i pensieri non si arrestano: abbiamo in mente gli elmi bronzei con sporgenze custoditi nella Armeria Reale di Torino. In generale, le armi adoperate da una parte dei Popoli del mare - tra questi i Siculi - appaiono, per quello che una disegno inciso può mostrare, di firma o stile miceneo.
Chiudendo qui tale parte del discorso, ricordiamo che a Medinet Habu gli scalpellini dei faraoni hanno lasciato più di 487 metri di ideogrammi. Tanto amore per la stesura di documenti ampiamente merita gli sforzi che dagli Anni Venti l'istituto universitario americano anzidetto a profusione lascia sul suolo egiziano.
Una incisione a basso rilievo descrive così gli avvenimenti notevoli verificatisi durante il quinto anno di regno di Merenptah:
"Il perdente capo dei Libi, il miserabile Merai (Meryuy) figlio di Ded (Dyd) viene dalla terra dei Tehenu (Tjehenu), e seco porta gli arcieri Serden (Shardana), Seskles (Shakalasha?), Eqwes (Aqayuasha), Lukku (Luka), Tursa (Turusha) ed i suoi uomini migliori, ed i suoi figli ha con se, e le mogli". Inseriamo solamente qui un esempio di duplice traduzione delle scuole americana e francese.
"Il Faraone come leone si infuriò a cagione di loro (…). I Nove Archi hanno devastato le frontiere calpestate da ribelli, che si sono insediati nei campi e lungo le rive del grande fiume
da giorni e da mesi (…). Raggiungendo le colline dell'oasi di Farafra (…). Chi li guida liberamente corre per il paese, sempre combattono per saziare il loro stomaco, in Egitto cercano ciò che si può portare alla bocca (…). L'esercito del Faraone protetto da Ammon Râ andò loro incontro coi carri (…). Nessuno dei nemici scampò agli arcieri del Faraone che uccisero per sei ore (…). Merai sconfitto è in fuga a causa della sua viltà (…)".
"I capi arcieri, i capi dei fanti, i carri e le schiere dell'esercito erano ricchi di preda; Annunciarono il loro arrivo asini carichi dei falli dei non circoncisi di Libia, E le mani di quelli che a loro si allearono dai vari paesi, E simili apparvero a pesci morti sull'erba (…)".
"Riportati come prigionieri in Egitto, come la sabbia della spiaggia. Io li ho rinchiusi nelle fortezze, Prostrati sotto il mio nome. Numerosi sono i loro giovani, come girini. Io ho fornito a tutti loro razioni di vestiti ,vitto dai magazzini e dai granai ogni anno".
Gli usali problemi dati dal saccheggio dei villaggi e delle oasi del nord e dell'ovest si rivelano piccola cosa in confronto all'attacco militare portato avanti nuovamente dai Libi nel corso del quinto anno di regno di Ramses III.
"Sono andati a riferire a Sua maestà che le genti di Tjéhénu si sono messi in cammino, facendo una cospirazione e riunendosi senza limiti Lebu, Seped e Mashuash".
"Il Faraone avanza ed il suo nome impaurisce pur le montagne".
"La città fortezza di Ousermatre Meryimen".
"Gli stranieri giunsero dal loro paese dalle isole del centro del mare e si dirigono verso l'Egitto forti del loro numero. Il nemico aveva di nuovo congiurato per perdere la sua vita contro i confini dell'Egitto essi avevano riunito le pianure e le colline ognuno della sua regione".
Le ultime indicazioni sono retrodatate, qui inserite ma copiate dagli scalpellini dopo gli avvenimenti dell'ottavo anno di regno e riportate in un'altra parete del tempio di Medinet Habu, ed aggiunte enfaticamente alle sopraddette. In totale, a Medinet Habu, disponiamo di due serie di bassorilievi (la prima serie ha sei scene e sono all'esterno del tempio, la seconda serie è a cavallo tra i muri sud ed est della seconda "corte") ed un testo, la "Grande iscrizione dell'anno quinto". Altre descrizioni belliche vennero aggiunte copiandole dalle seguenti, inerenti cioè l'ottavo anno di regno di Ramses. Una ricostruzione delle fasi guerresche di tale anno è possibile leggendone la ricostruzione a posteriori (circa 25 anni dopo) nel Papiro Harrys:
"Egli penetra in mezzo a centinaia di migliaia estende le braccia e piazza le sue frecce a suo piacimento, toro combattente, dal cuore fermo, dalle corna aguzze, terrore d'ogni paese: i Paesi del Settentrione, i Peleset ed i Tekker tremano nelle membra, lontani ed isolati dalle loro terre". Eccetera, vedi sopra nel Papiro Harrys.

Domani la 2° e ultima parte.

Fonte: www.terraeliberazione.org

Immagine da www.sentircristiano.com

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