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venerdì 28 febbraio 2014

Perché in Sardegna costruirono i nuraghi?

Perché in Sardegna costruirono i nuraghi?
di Pierluigi Montalbano


Probabilmente i nuraghi a corridoio precedono il concepimento della prima torre, e sebbene le prove stratigrafiche siano lontane dall’indicarlo indiscutibilmente, effettivamente è un’ipotesi ragionevole. Se così fosse, si tratterebbe di porsi il problema della comparsa dei nuraghi a corridoio, ideati per il progressivo mutare della stratificazione sociale delle comunità dell’età del rame, con la formazione di una “classe elevata” che rivendica una posizione di prestigio attraverso l’edificazione di un edificio simbolo di status, la stessa che, in un secondo momento, richiederà la costruzione di una torre. Il nuraghe a corridoio, stratigrafie alla mano, mostra lo stesso tipo di accumulo antropico delle torri, senza eccezione, indicando che funzione e logica dovevano essere gli stessi. La comparsa della torre in pietra non appare più come una cesura, piuttosto come un’evoluzione, anche se rimane il problema delle differenze architettoniche tra le due tipologie di edifici.
La sovrapposizione delle tipologie stratigrafiche tra nuraghi a corridoio e torri, indicandone la medesima funzione e senso, chiarisce come le errate ipotesi che vorrebbero i nuraghi delle fortezze militari, dei templi o degli edifici simbolici, siano da scartare pur se l’edificio riveste un carattere simbolico come centro di aggregazione della comunità. Nell’ipotesi ragionevole che il nuraghe a corridoio preceda la torre, ci troviamo di fronte a una classe dirigente che, in un determinato luogo, decide di realizzare la prima con le medesime finalità che hanno portato all’edificazione dei precedenti, con la convinzione che un edificio di questo tipo avrebbe maggiormente soddisfatto le proprie necessità. La prima torre fu costruita pensando semplicemente a un edificio che avesse le stesse finalità di un nuraghe a corridoio, ma ne rappresentasse una versione “evoluta” sia in senso funzionale che simbolico.
È bene ricordare che mentre le torri ci sono pervenute praticamente intatte, salvo la struttura del ballatoio, i nuraghi a corridoio sono mancanti dell’eventuale struttura lignea soprastante quella in pietra, la cui percentuale rispetto all’intero edificio, non è nota. Alcune osservazioni equilibrate (ad esempio il compianto Lilliu a proposito del Brunku Madugui di Gesturi), suggeriscono che i primi nuraghi a corridoio potessero essere basamenti per importanti strutture lignee soprastanti e, se così fosse, la struttura generale della successiva torre non sarebbe concettualmente così distante da loro. Si tratterebbe di costruire interamente in pietra un edificio fino ad allora realizzato in pietra sovrastato da una struttura aerea in legno. A mio avviso i nuraghi a corridoio furono una evoluzione dalla semplice capanna di pietre a secco e legno, una sorta di capanne evolute sviluppate da un processo di diversificazione sociale riscontrabile in tutte le società dell’età del rame.
Sottolineo che non si può costruire un edifico intermedio (in pietra, a secco) tra un nuraghe a corridoio e una torre, per il semplice motivo che non starebbe in piedi: una torre realizzata in pietra a secco è un sistema complesso di conci che interagiscono, e alcune delle proprietà dell’edificio sono indipendenti dalla volontà dei costruttori e indispensabili per la stabilità strutturale. In altre parole, una torre nuragica non è un edificio per architetti, perché si rifiuta di adattarsi a certe richieste, imponendo forme, dimensioni e soluzioni tecniche obbligate.
Se la torre è una proprietà emergente della società dell’epoca, la comparsa della prima deve aver indotto una rapida imitazione dei vicini e la sua diffusione, una sorta di moda architettonica dell’epoca.
A questo punto, dobbiamo domandarci se la torre richiese la creazione di nuove nozioni tecniche e la presenza di ingenti risorse.
Gli elementi architettonici per la realizzazione di un nuraghe a corridoio e/o di una torre non erano nuovi né rivoluzionari. La tholos è presente in ogni parte del mondo da tempi ben più antichi ed è una soluzione obbligata al problema di ottenere una volta chiusa in una struttura a secco. Si tratta di una proprietà emergente di un insieme di conci che interagiscono tra loro avendo come stabilizzazione l’azione della forza di gravità e l’attrito reciproco. I sardi, posti di fronte al problema, ottennero la soluzione corretta, come tutti gli altri, prima e dopo di loro, che si trovarono nella necessità di farlo. In altri termini, se un architetto fantasioso disegnasse una torre cava a secco con profilo quadrangolare, non potrebbe costruirla: i sardi non decisero la forma della tholos, furono obbligati. Non sappiamo quanto tempo impiegarono e quanti tentativi, tuttavia un esame delle torri ancora in piedi ne segnala di ben realizzate, di mediocri, di eleganti, di tozze, alcune ristrutturate o rifasciate al fine di stabilizzarle ed evitarne il crollo. Si va dal capolavoro alla porcheria vera e propria, tra soluzioni geniali e incomprensibili sciocchezze. Allora, come adesso, c’erano i costruttori bravi, quelli mediocri e quelli incapaci, e certamente questi ultimi furono posti in condizione di non nuocere, al contrario di quanto accade nella società odierna. Probabilmente si cominciò con torri semplici e si progredì come avviene in qualunque ramo della tecnica, non senza morti, crolli, rifacimenti e tentativi successivi di cui non c’è arrivata traccia.
La torre nuragica risponde a una richiesta specifica: “Voglio una torre in pietra nella quale si possa risiedere, con una scala interna che acceda a un ballatoio superiore praticabile”.
I nuraghi sembrano tutti uguali perché non è possibile altrimenti. Se non fosse così, non si potrebbe costruirli. Resta inteso che ciascuna torre appare differente dalle altre nei dettagli, spesso non secondari, il che rafforza per l’appunto l’assunto che si sia trattato di atti costruttivi isolati e non coordinati. Per chiarire in parte il concetto, sarà bene precisare che la dimensione di una torre cava a secco (diametro per altezza) dipende dalle dimensioni dei conci che si riesce a mettere in opera. Con i granelli di sabbia si può costruire una torre alta pochi centimetri, con conci di un metro cubo si arriva a torri che superano i dieci metri. I nostri antenati massimizzarono le capacità di messa in opera che avevano. Disponendo di forza muscolare umana e animale, di utensili di metallo e pietra per la sbozzatura dei conci e di sistemi di cordami e legno (presenti nelle conoscenze delle società umane da millenni), quando decisero di realizzare la prima torre dovettero semplicemente mettere in pratica, in un progetto appena più ambizioso di un nuraghe a corridoio, il bagaglio di conoscenze che avevano già. Ci provarono un po’ di volte, e tirarono su la prima torre. Da quella, le altre. C’è da rilevare che esistono comunque nuraghi a corridoio dotati di ambienti interni con copertura a tholos, ma si tratta di edifici che hanno subìto ristrutturazioni e modifiche, anche importanti.

Nell'immagine, una delle scale del nuraghe Su Mulinu di Villanovafranca.

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