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martedì 3 giugno 2014

La storia della birra.

Storia della birra
di Pierluigi Montalbano 

Le origini della birra sono antichissime e risalgono forse al X Millennio a.C., quando l’uomo passò dalla vita di cacciatore e raccoglitore a quella di produttore. Si stabilì in maniera fissa sul territorio, coltivando cereali come il frumento.
Le prime testimonianze della preparazione della birra sono attribuibili ai Sumeri, gli abitanti della fertile fascia di terra tra il Tigri e l’Eufrate, sono datate al V Millennio a.C.
Probabilmente il processo di fermentazione fu scoperto per puro caso, notando gli effetti su pane o grano macinato lasciato per sbaglio a inumidire: la mollica si trasformò in una pasta inebriante.
Un bassorilievo sumero riporta la descrizione del processo di creazione della birra. Si nota l’orzo, il pane cotto e inumidito nell’acqua per formare una poltiglia, e si giunge a una bevanda che “fa stare bene chi la beve”. Può darsi che il pane fosse cotto per favorirne la conservazione e il trasporto.

La birra generalmente veniva chiamata sikaru (pane liquido) ma esistevano varie versioni che si distinguevano per colore, speziatura e gradazione. I Sumeri producevano inoltre una birra al farro chiamata kurunnu, oltre ad altre tipologie assai apprezzate ottenute mescolando in proporzioni diverse le prime due. Da ricordare fra queste la birra Niud, addolcita con zucchero di datteri, e la Bi-Du, la birra del popolo, che oltre a scopi alimentari serviva anche a calcolare il salario-base degli operai.
Questa bevanda, oltre ad esser bevuta, era offerta in dono agli Dei. Esiste nelle fonti un inno alla dea della birra Ninkasi, il cui testo non è altro che la ricetta su come produrre birra.
Dopo la caduta dell’impero sumero nel 2000 a.C. la Mesopotamia divenne terra dei Babilonesi, che assorbirono la cultura e l’arte di produrre birra. Le fonti attestano la produzione di ben 20 varietà, di cui 8 di frumento, 8 di orzo e 4 derivate da una mistura di vari cereali.


A quel tempo la birra era torbida e non filtrata, perciò si beveva con la cannuccia per evitare che i residui amari si depositassero sulle labbra. Fu persino esportata in Egitto, a oltre 1000 km di distanza, e tale fu la sua importanza nella società babilonese che il re Hammurabi inserì una legge nel suo famoso codice che stabiliva la quota massima di birra concessa giornalmente agli abitanti, che variava, a seconda della classe sociale, dai 2 ai 5 litri.La birra divenne anche merce di scambio, veniva infatti barattata con orzo ed altri cereali. Tuttavia non poteva essere venduta visto che Hammurabi condannò all’annegamento una donna per aver venduto la propria birra in cambio d’argento. La pena dell’annegamento era destinata anche a chi servisse della birra non buona.
Gli Egizi proseguirono nella tradizione birraria, migliorandone la tecnica e affinando il gusto del prodotto. Certe popolazioni del Nilo, chiamate Fellahs, producono tutt’oggi la birra secondo la tradizione. L’importanza della birra nell’antico Egitto fu tale che spinse gli scriba a coniare un nuovo geroglifico che indicava il “mastro birraio”. Gli egizi la bevevano fin dall'infanzia, considerandola anche un alimento e una medicina.  Addirittura una birra a bassa gradazione o diluita con acqua e miele, veniva somministrata ai neonati quando le madri non avevano latte. Anche per gli Egizi la birra aveva un carattere mistico, tuttavia c'era una grossa differenza rispetto ai Babilonesi: la birra non era più un prodotto artigianale, ma era divenuta una vera e propria industria con i faraoni che possedevano persino delle fabbriche.
Si parla di birra anche nella Bibbia: nel Deuteronomio si racconta che durante la festa degli Azzimi si mangiava per sette giorni il pane senza lievito e si beveva birra.Sebbene la birra, così come la conosciamo, abbia visto le proprie origini in Mesopotamia, altre bevande fermentate furono prodotte in tutto il mondo. Ad esempio la Chicha è una birra di granturco e il kumiss è un drink prodotto con il latte di cammello fermentato.
La parola birra deriva dal latino bibere (bere), e la radice della parola spagnola cerveza deriva da Ceres, la dea greca dell’agricoltura. Fu prodotta anche da Greci e Romani.

Plinio, infatti, parla della popolarità della birra nel bacino del Mediterraneo ancor prima del vino e della vite. A ogni modo, sebbene a Roma la birra fu considerata una bevanda barbara e soppiantata dal nettare degli dei, il vino (e dal suo dio, Bacco), questa continuò a essere prodotta negli altri territori dell’Impero dove risultava difficile coltivare le viti ed ottenere vino.
La birra al tempo non era conservabile, era scura e non produceva schiuma. La più antica testimonianza della produzione di birra sul suolo germanico risale all’800 a.C. ed è costituita da un’anfora da birra rinvenuta vicino a Kulmbach.
Lo stato d’alterazione creato dalla birra fu considerato divino, al punto che si pensava fosse la rappresentazione della Dea Birra che si impossessava del corpo del bevitore.
La produzione di birra assunse un ruolo fondamentale nella quotidianità e non fu più considerata esclusivamente bevanda da offrire in sacrificio agli dei, bensì trovò spazio su gran parte delle tavole degli antichi Germanici.
La non-deperibilità della birra, data dalla presenza di alcool, contribuì all’innalzamento dell’età media e al miglioramento della salute della popolazione, mentre le sue capacità automedicali alleviarono i disagi di una vita in un mondo ostile.
Fino al Medioevo, il processo di birrificazione era appannaggio delle sole donne. Lentamente questa prerogativa svanì man mano che la birra cominciò a essere prodotta nei monasteri; questa arte fu adottata dai monaci (belgi e olandesi in primis) per mantenere vivo il legame tra la birra e la religione. Le prime donne babilonesi che produssero birra erano, infatti, sacerdotesse del tempio.
 Veniva prodotta la birra “leggera”, adatta ad esser consumata quotidianamente,e la birra ad alto contenuto alcolico, destinata alle occasioni speciali. Durante i matrimoni in Gran Bretagna, un tempo si produceva la “birra della sposa”. La birrificazione divenne un’attività prettamente maschile.I monaci migliorarono il gusto e i valori nutritivi delle loro birre, che affiancavano a pasti frugali, essendo permessi fino a 5 litri giornalieri a testa. In poco tempo i monaci cominciarono a produrre molto più del necessario per vendere la propria eccedenza ma con l’indebolimento della chiesa la birrificazione fu eseguita da coloro che prima si limitavano a commerciare. Talune birre si guadagnarono il marchio reale e l’approvazione delle classi dominanti. 




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