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giovedì 16 aprile 2015

Giganti di Monte Prama, restauro da premio

Giganti di Monte Prama, restauro da premio
di Francesco Bellu



L'Unione Europea assegna al team di restauro di Li Punti uno dei 28 riconoscimenti degli “Europa Nostra Awards”
Il passato si presenta sempre in frantumi. Pezzi rotti di Storia che spuntano fuori dalla terra come fili spezzati di un’epoca lontana. Per capirli bisogna riannodare quei frammenti di pietra o ceramica e fargli riprendere a “parlare” un discorso interrotto da secoli in maniera tale da dialogare con noi, con il presente. I Giganti di Monte Prama, le grandi statue nuragiche del Sinis, sono rimaste mute per quasi tremila anni prima di poter riprendere a sillabare. Più di cinquemila frammenti sono stati riassemblati ridando così forma a un esercito di pietra composto da cinque arcieri, quattro guerrieri, sedici pugili e tredici modellini di nuraghe. Un lavoro minuzioso svolto nel Centro di restauro di Li Punti a Sassari dall’equipe del centro di Conservazione Archeologica di Roma, coordinata da Roberto Nardi, e diretto dalla Soprintendenza archeologica di Sassari e Nuoro, che ora è stato premiato con uno dei ventotto riconoscimenti degli Europa Nostra Awards, i premi della Commissione Europea considerati il riconoscimento più prestigioso nell’ambito del patrimonio culturale dell’Ue.
I Giganti hanno superato una selezione serratissima che ha visto ben 263 progetti candidati da 29 Paesi all’interno di quattro categorie: «conservazione»; «ricerca e digitalizzazione»; «contributi esemplari»; «istruzione e formazione». Le statue di Cabras hanno sono uno dei quattordici vincitori della prima sezione e sono in ottima compagnia, giacché si trovano insieme con i mosaici paleocristiani della basilica di Aquileia (altro lavoro italiano selezionato), il circolo megalitico di Stonehenge, la chiesa armena di Dyarbakir e il mercato di Reims, giusto per citare i più noti. L’altro progetto italiano scelto è il tour virtuale dell’area intorno a San Marco a Venezia nella categoria «ricerca e digitalizzazione».
«La giuria è stata affascinata dalla complessità di questo progetto di restauro, e colpito dalla sua importanza nello sviluppo per la comprensione di questa cultura sottovalutata». Così ha dichiarato Tibor Navracsics, commissario europeo per l'Istruzione e la Cultura, spiegando il perché della scelta dei Giganti di Monte Prama, aggiungendo parole di apprezzamento per come è stato svolto l’assemblaggio dei pezzi. «L’Ue ci ha premiato grazie alla particolarità del restauro che è stato fatto – spiega Roberto Nardi, direttore centro di Conservazione Archeologica di Roma e direttore della squadra che ha restaurato i Giganti a Li Punti – I frammenti sono stati, infatti, montati senza penetrare in profondità la pietra, evitando l'uso di trapani o l’inserimento di materiali diversi. In questo modo sarà possibile fare aggiunte alle statue nel caso venissero ritrovati altri pezzi pertinenti. Il ritrovamento in questi ultimi mesi di frammenti attinenti ai Giganti già restaurati permetterà di svolgere subito un lavoro conservativo in questo senso». Nardi tiene poi a rimarcare come l’opera di ricomposizione si sia svolta pubblicamente: «Il laboratorio di Li Punti – spiega – era aperto , tutti che potevano vedere con i propri occhi tutte le fasi del restauro in corso». Una scelta che si è rivelata vincente e che è stata anche rimarcata dall’Ue perché «ha permesso alla popolazione locale di valorizzare la propria identità attraverso il recupero di una testimonianza importante della storia della regione».
Scoperti per caso 35 anni fa, grazie al colpo di una benna tra i campi riarsi della collina di Mont’e Prama, i Giganti hanno monopolizzato sin da subito un dibattito che dalle aule accademiche si è spostato poi in quelle politiche e più smaccatamente identitarie. Due campagne di scavo hanno segnato la loro storia: la prima nel 1974 svolta da Carlo Tronchetti e Alessandro Bedini, la seconda da maggio del 2014 «in tandem» tra l’Università di Sassari e la Soprintendenza di Cagliari e Oristano. In mezzo le difficoltà per valorizzare questo gruppo scultoreo unico nel Mediterraneo che risalirebbe ad un periodo tra il IX e il VIII secolo a.C., quando la Sardegna era un luogo di frontiera meta di navigatori arrivati dal lontano Oriente. In quelle statue e nelle tombe lì accanto, i nuragici celebravano i loro antenati eroizzati. Esseri semidivini immortalati nella pietra in cui caratteri stilistici locali si mescolavano a raffinatezze vicino orientali. Segni tangibile di traffici e di cultura in una terra ai confini del mondo che ogni sera guardava in faccia il sole che muore.

Fonte: http://lanuovasardegna.gelocal.it/


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