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giovedì 8 giugno 2017

Archeologia. In piena età del rame, intorno al 2500 a.C., si sviluppa in Sardegna una cultura straordinariamente ricca capace di realizzare grandi muraglie megalitiche e fondere il rame e l'argento: le genti di Monte Claro. Riflessioni di Pierluigi Montalbano

Archeologia. In piena età del rame, intorno al 2500 a.C., si sviluppa in Sardegna una cultura straordinariamente ricca capace di realizzare grandi muraglie megalitiche e fondere il rame e l'argento: le genti di Monte Claro. 
Riflessioni di Pierluigi Montalbano

In piena Età del Rame, intorno al 2500 a.C., compare in Sardegna una nuova fase cronologica conosciuta come cultura di Monte Claro, dal nome del colle di Cagliari in cui furono scoperte una serie di tombe dove erano presenti delle tipiche produzioni ceramiche. In questo periodo si notano villaggi con spazi ben organizzati e attività legate allo sfruttamento del territorio con la pratica dell’agricoltura intensiva, quindi le popolazioni si concentrano nei territori dove le risorse idriche favoriscono il benessere delle comunità. I villaggi mostrano capanne abitative rettangolari e silos per conservare le derrate alimentari. I vani per il ricovero degli animali testimoniano la pratica delle attività legate alla pastorizia. I ricchi giacimenti sardi di argento e rame favoriscono l’avvio di filiere produttive legate all’estrazione dei metalli, alla fusione e alla lavorazione per
ottenere utensili, ornamenti e armi. Tutto ciò incrementò i traffici commerciali tra comunità vicine e il contatto con nuove genti provenienti dall’esterno dell’isola. Sono stati portati alla luce crogioli per la fusione, pugnali con lama a foglia, punteruoli di rame, grappe di piombo per aggiustare i grandi vasi e altro. In questo periodo è attestata la tecnica metallurgica di separazione dell’argento dalla galena, un’attività che contribuì notevolmente ad arricchire le comunità grazie alla possibilità di scambiare materiali pregiati. Compaiono le prime muraglie megalitiche che suggeriscono la volontà di proteggere i ricchi villaggi e, al contempo, mostrare le capacità organizzative e il potere delle comunità. Ricchissime le forme ceramiche, con grandi vasi ben rifiniti, tripodi, scodelle e ciotole, con superfici colorate con varianti che vanno dal rosso chiaro al nocciola e all’arancio scuro.

Le decorazioni sono a scanalature verticali o orizzontali, ed è presente anche la tecnica a stralucido che abbellisce alcune forme. Non vi sono analogie con la precedente cultura di Ozieri, pertanto è evidente che nuove genti giunsero nell’isola e influenzarono usi e costumi precedenti. Verosimilmente inizia il contatto con i gruppi di cultura campaniforme giunti in Sardegna alla ricerca di rame e argento. La cultura Monte Claro è convenzionalmente suddivisa in quattro facies ben distinguibili: sassarese, nuorese, campidanese e oristanese. All'interno di ciascuna sono riconoscibili delle peculiarità che riguardano l’ambito religioso e la cultura materiale, soprattutto ceramica e metallurgia. Al sud abbiamo le tombe a forno, mentre nella Sardegna settentrionale, oltre alle grandi muraglie come quella di Monte Baranta nella costa algherese, si notano maestosi edifici come l’altare di Monte d’Accoddi e i dolmen, i sepolcri tipici delle genti del Campaniforme. Le tipologie delle sepolture variano dagli ipogei a pozzetto centrale da cui si articolano piccoli vani che contengono i defunti, sepolture con dolmen, e inumazioni in ciste litiche che sono piccoli sarcofagi realizzati infilando verticalmente nel terreno delle lastre in pietra a formare un contenitore di forma quadrangolare. L’architettura funeraria mostra anche tombe familiari realizzate scavando nella roccia un pozzo verticale che, ai lati, presenta vari loculi a forma di forno contenenti i defunti appoggiato sul lato sinistro in posizione fetale. Il corredo funerario presenta vasi e scodelle per l’offerta di cibi e bevande, usanza legata alla concezione religiosa del risveglio nel mondo dell’aldilà.  Altri sepolcri caratteristici sono le gallerie dolmeniche, ottenute mediante la sistemazione moduli a dolmen allineati consecutivi, coperti con lastroni, conosciuti fuori dalla Sardegna con il nome di allée couverte.


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