Diretto da Pierluigi Montalbano

Ogni giorno un nuovo articolo divulgativo, a fondo pagina i 10 più visitati e la liberatoria per testi e immagini.

Directed by Pierluigi Montalbano
Every day a new article at the bottom of the 10 most visited and disclaimer for text and graphics.
History Archaeology Art Literature Events

Storia Archeologia Arte Letteratura Eventi

Associazione Culturale Honebu

Translate - Traduzione - Select Language

domenica 16 luglio 2017

Archeologia della Sardegna. Le Tombe di Giganti, i templi dell’età del Bronzo. Riflessioni di Pierluigi Montalbano.

Archeologia della Sardegna. Le Tombe di Giganti, i templi dell’età del Bronzo
Riflessioni di Pierluigi Montalbano.


Durante tutta l’età del Bronzo, in Sardegna è evidente l'importanza cultuale delle Tombe di Giganti, luoghi nei quali si esprimeva una religiosità legata al culto dei defunti, deposti fra le accoglienti braccia della Madre Terra. Questi templi anticipano i santuari dell'acqua (dedicati alla stessa divinità) che compaiono nel Bronzo finale e proliferano nei periodi successivi. Sono monumenti funerari realizzati in pietra nel corso del II Millennio a.C. Si tratta di sepolture collettive che differiscono profondamente dalle domus de janas utilizzate in precedenza. Questi santuari sono localizzabili in aree ben precise di competenza delle comunità nuragiche.
Come i nuraghi, queste particolari costruzioni megalitiche non hanno nessuna equivalenza nell'Europa continentale e sono costruiti con una particolare forma realizzata mediante grandi lastre di pietra conficcate nella terra. Presenti in tutto il territorio sardo, questi grandi sepolcri presentano
una pianta rettangolare con abside e sono edificati sovrapponendo grandi blocchi di pietra fino a formare l’intera struttura. La camera funeraria può arrivare a superare i 20 metri di lunghezza e 2 metri di altezza ed era ricoperta da un tumulo di terra. Differentemente dal corpo funerario, che arriva ad anticipare i primi nuraghi a corridoio del XVIII a.C., la parte frontale della struttura, la facciata, è realizzata all’inizio dell’epoca delle torri nuragiche, intorno al XV a.C., e presenta un portello d’ingresso e un temenos a esedra, ossia una piazza delimitata da un semicerchio realizzato con pietre di varia dimensione che potrebbe simboleggiare un “abbraccio alla comunità” o, più semplicemente, la raffigurazione delle corna bovine. Sopra il portello d’ingresso, al centro dell’esedra, si nota spesso una grande stele funeraria che rende monumentale l’intero sepolcro. Questa grande pietra lavorata può raggiungere fino a 4 metri d’altezza ed è lavorata con particolare cura. 

Nei secoli la struttura, pur con qualche eccezione realizzata senza esedra, mantiene inalterata la pianta a protome taurina con l’interno a nave capovolta, ma per la sua costruzione furono progressivamente applicate le tecniche architettoniche impiegate nella costruzione dei nuraghi a torre. La tipologia più antica mostra un prospetto a dolmen, con il corridoio funerario coperto da grandi lastre piatte che formano il soffitto. Progressivamente, le pareti interne sono posizionate ad aggetto, fino a formare un profilo tronco-ogivale al pari dei nuraghi del Bronzo Recente. La facciata può essere di due tipologie principali: a filari di pietre sovrapposte oppure formata da grandi lastre infilate verticalmente nel terreno. La versione finale dei sepolcri vede la regolarizzazione isodoma dei conci, come nei pozzi sacri e in qualche nuraghe evoluto, così da ottenere uno spettacolare valore estetico. Le genti del villaggio rendevano omaggio ai defunti senza distinzione di rango, come se davanti alla morte tutti i membri della comunità fossero uguali. Ciò indica un credo religioso che potrebbe testimoniare una società egualitaria anche in vita, ma non abbiamo sufficienti strumenti e indizi per poterlo dimostrare. Quando i sepolti diventavano numerosi e non c’era più spazio, si provvedeva a un riordino degli scheletri e all’utilizzo del sepolcro come ossario. In quell’epoca il Dio toro (riferito al sole e alla forza) e la Dea madre natura (assimilata alla luna, all’acqua e con capacità di generare la vita) formavano la coppia divina, e costituivano il pantheon principale delle divinità sarde. In questi templi, Toro e Ventre Materno erano uniti indissolubilmente, e la struttura muraria costituiva essa stessa la simbologia ricercata, Quando nella comunità avveniva un decesso, il luogo più agognato per la sepoltura era proprio l’area sacra nella quale era eretto il tempio della comunità, quello che noi oggi chiamiamo Tomba di Giganti. Era il luogo più desiderato per compiere il viaggio verso l'aldilà.
Ancora oggi nei templi più importanti della cristianità (San Pietro e tante altre chiese che sorgono sopra cimiteri) i personaggi importanti si fanno seppellire nei sotterranei e nelle cripte. Un’altra delle funzioni primarie di questi templi era di segnalare in maniera inequivocabile il possesso di un territorio, di una vallata, di una giara, da parte di una comunità che aveva messo radici in quell’area. Nelle vicinanze dell'ingresso venivano poste una o più pietre, conficcate verticalmente, (betili e menhir) a simboleggiare gli dei che vegliavano sui defunti. E’ interessante segnalare che sotto la crosta terrestre scorrono energie telluriche e forze magnetiche che fanno del nostro pianeta un organismo vivente. L’uomo, creatura generata dalla Madre Terra, ha facoltà di interagire con queste energie e di assorbirle inconsciamente. Gli studi hanno rilevato che queste energie sono più intense in certi luoghi e una serie di tombe di giganti furono costruite proprio lungo questi canali energetici. Le architetture antiche sono diverse dalle odierne, e si preferiva edificare non sopra la natura ma all’interno della natura stessa, come in un abbraccio vitale e benefico. I luoghi erano scelti con sistemi a volte cruenti come nel caso dei romani che, dopo aver fatto pascolare alcuni capi di bestiame in un campo, li uccidevano per controllare il fegato e “interpretarne il responso”. Altre volte, si sceglieva in base al riposo degli animali perché questi erano in stretto legame con la natura, più dell’uomo stesso. Qualche volta entravano in scena persone con capacità sensoriali che percepivano queste energie: i druidi e i santoni del villaggio. I templi, già intrisi di forze naturali, si arricchivano a loro volta dell’energia degli abitanti che lì si recavano a pregare. Spesso vi era anche la vicinanza di una fonte d’acqua, elemento fondamentale per i rituali.

Nessun commento:

Posta un commento