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giovedì 1 marzo 2018

Archeologia. La Flotta di Roma Imperiale: La strategia, gli uomini, le navi. Presentazione a Cagliari, Venerdì 2 Marzo 2018 da Honebu, alle ore 19.


Archeologia. La Flotta di Roma Imperiale: La strategia, gli uomini, le navi. Presentazione a Cagliari, Venerdì 2 Marzo 2018 da Honebu, alle ore 19.

Una temibile forza navale in potenza: ecco quello che è stata per secoli la flotta della Roma dei Cesari. Un deterrente per tutti gli avversari, tale da mantenere la pace sul mare per secoli. Nessuno avrebbe affrontato quello spauracchio, sebbene - Cartagine a parte - le battaglie navali siano state per la marina dell’Urbe scontri soprattutto coi pirati, più che contro navigli di regni nemici. Infatti, è un periodo di dominio marinaro assoluto quello preso in esame da Giuseppe Luigi Nonnis nel libro «La flotta di Roma imperiale. La strategia, gli uomini, le navi», pubblicato dalle edizioni cagliaritane Arkadia. L’attenzione dell’autore si concentra al periodo di grande sviluppo tra la fine del I secolo a.C. e il 212 d.C., che vide una radicale riforma della marina e si concluse col riconoscimento della cittadinanza romana a tutti i non schiavi dell’Impero, all’inizio del III secolo. Roma realizzò con netto anticipo quello che è stato per secoli il principio di condotta della marina dell’Impero britannico, autentico colosso navale, secondo il quale una flotta non deve impegnarsi massicciamente contro il nemico, ma deve mantenere intatto il suo potenziale bellico, senza rischiare perdite importanti. Con la semplice presenza nei porti, può continuare a rappresentare una minaccia incombente per i nemici e così esercitare un’influenza indiretta nei conflitti o sulla politica internazionale. Ciò vale anche nei confronti di avversari più armati e numericamente consistenti. Se si eccettua qualche modesto fastidio dovuto alla pirateria, la flotta romana raffreddava con la
sua sola esistenza, nei secoli in osservazione, le ambizioni marinare di chiunque, pertanto i suoi compiti furono ricondotti sostanzialmente alla protezione dei traffici mercantili, obiettivo che la marina romana assicurò per secoli, grazie alla forza delle armi e alla prospettiva della concessione della cittadinanza romana, fondamentale strumento strategico di questa unità.  Sulle origini, le fonti non sono precise, ma è probabile che fino alle guerre puniche Roma mantenesse una dotazione navale modesta. Per arrivare a una flotta capace di contrastare il potere marittimo di Cartagine è presumibile datare al 261 a.C, quando si comprese che i cartaginesi prevalevano con le loro pentère.

Il console Caio Dulio comprese che se Roma non avesse assunto il dominio dei mari, a nulla sarebbe valso quello terrestre. Bisognava costruire navi e assumere sempre l’iniziativa in combattimento, per non subire la superiorità marinara del nemico. Prendendo a modello un’imbarcazione punica recuperata, i romani allestirono cento pentère, addestrando gli equipaggi a terra prima di esporli alle condizioni marinare reali. Per pareggiare la superiore capacità marinaresca dei cartaginesi, adottarono una tecnica di combattimento che colmasse la differenza: inventarono un ponte mobile, il corvo, che una volta affiancata l’unità nemica veniva calato con forza e l’agganciava coi robusti arpioni in bronzo di cui era dotato. Così legate l’una all’altra, le navi perdevano manovrabilità, un danno enorme per i punici, che lo avevano come punto di forza, poco male invece per i fanti di marina romani, ai quali il ponte artigliato consentiva invece di irrompere sullo scafo nemico e di combattere con tecniche simili a quelle terrestri, più che con quelle proprie degli abbordaggi.

Duilio vinse a Milazzo, Roma prevalse nel 241 anche al largo delle isole Egadi, assicurandosi la Sicilia. Tre anni dopo toccò alla Sardegna, con un colpo di mano che violava gli accordi fra le due potenze. Tuttavia, dopo questi successi navali incoraggianti, continuarono per anni rovesci marittimi dovuti all’acerba esperienza marittima dei Romani. Qualche storico parla di 600 navi da guerra e 1000 onerarie perdute in quindici anni. In compenso i Romani, dopo 1600 naufragi, avevano imparato ad andar per mare. Successivamente, si ebbe una progressiva smilitarizzazione del Mediterraneo, sotto il controllo di Roma. Cinque i modelli di battelli militari delle flotte romane: esaremi, pentère, quadriere, triere, liburne, in ordine decrescente di grandezza. Nel 212 a.C. si calcola che armassero le navi romane 70.000 marinai, chiamati milites classiarii, soldati della flotta. Una probatio, la leva, verificava la costituzione fisica e l’idoneità al servizio, avviandoli a quattro mesi di duro addestramento nella schola militum, in qualità di tiro, allievo. Il probatus veniva sottoposto anche a verifica del suo grado di romanizzazione. Poteva arruolarsi gente di ogni origine, quella romana era una vera marina multietnica.


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